quando fu
deportata aveva meno di 22 anni. Non era ebrea, partigiana o
antifascista, ma si era schierata a favore di alcuni compagni di lavoro durante
uno sciopero. Così finì nei lager di Mauthausen, Auschwitz-Birkenau e Ravensbrück
e infine in un ospedale militare, dove trascorse un anno e mezzo. Ha atteso più
di cinquant'anni prima di parlare in pubblico della sua vicenda: ora la
racconta in Tanto tu torni sempre. Ines Figini, la vita oltre il lager (Melampo, 2012). È la storia di una famiglia ma è anche una storia di
fabbriche; e di una città, Como, punto strategico per le forze nazifasciste. Di
treni che partivano per mete ignote e di luoghi in cui l'umanità si divideva
tra vittime e carnefici, fino a negare se stessa. È la storia di una persona a
cui il lager non ha rubato l'anima e che ha ripreso a vivere. Che ogni anno
torna là dove era stata reclusa. Che ricorda. E che, nonostante tutto, ha
perdonato.